In un mondo dove siamo costantemente bombardati da suoni, rumori e musica, il silenzio diventa una scelta coraggiosa che può risultare sorprendentemente potente. Il rumore, di qualunque tipo, ci permette di metterci al riparo dal più temuto dei confronti: quello con il nostro io. Nel cinema, la colonna sonora e i dialoghi rappresentano l’equivalente di questo rumore.
Non è un caso, dunque, che registi come Kim Ki-Duk, i Fratelli Cohen e Alfonso Cuarón abbiano deciso di mettere da parte la colonna sonora tradizionale per lasciare spazio al silenzio. Un silenzio che parla, trasmette emozioni e, in alcuni casi, diventa il vero protagonista della narrazione.
Cosa succede, dunque, quando un film ci nega questa consolazione lasciandoci soli con il suono del respiro dei personaggi e, implicitamente, con il nostro? Cerchiamo di scoprirlo insieme.
Il silenzio come linguaggio emotivo
Non è raro che il pubblico scappi di fronte al silenzio e non è raro che l’uomo scappi di fronte ad esso, spaventato da quello che potrebbe scatenare dentro di sé. Quando il rumore si ferma, siamo costretti a fare i conti con i nostri pensieri più profondi, con le emozioni più intime e, talvolta, anche con le paure nascoste.
Eppure, questo stesso silenzio è uno degli strumenti più potenti che abbiamo a disposizione per conoscerci e, quindi, proporre una narrazione veritiera di noi. Allo stesso modo, un certo tipo di cinema ha scelto di utilizzare il silenzio per raccontare le storie e le emozioni che si celano dietro ad esse in un modo nuovo, per certi versi spiazzante ed emotivamente forte.
Nelle pellicole che analizzeremo nelle prossime righe, infatti, sarà proprio il silenzio a permettere ai registi di traghettare gli eventi da un piano di fantasia a quello di realtà. Inoltre, per proseguire in questo articolo, voglio mettere subito in chiaro una cosa: il silenzio, spesso, non è assenza, bensì una presenza che emerge con forza.
Nel cinema, invece, la colonna sonora è uno dei protagonisti del film e non è raro riconoscere un film proprio dal main theme. Pensate a film come Star Wars, ET, Titanic o Lo Squalo e non ditemi che non avete iniziato a canticchiarne in testa qualche nota? L’abitudine e la sicurezza di essere travolti emotivamente dalla musica nei film, e dai rumori nella vita di tutti i giorni, ci ha viziati a tal punto da sentirci poi a disagio nella quiete del silenzio, e terrorizzati da cosa in realtà potremmo sentire.
In verità, vi dico, che il silenzio in molte occasioni è rumore e in altre è quiete. Nel cinema, in alcuni casi, il silenzio si trasforma da espediente narrativo a un vero e proprio strumento psicologico, mettendo a nudo le emozioni dei personaggi e costringendo lo spettatore a un’introspezione radicale.

Il Dialogo Assente e l’Amore Muto in Ferro 3, La Casa Vuota
Pochi film hanno abbracciato il silenzio con la stessa serenità e semplicità di Ferro 3, La Casa Vuota, film del 2004 del regista sud coreano Kim Ki-duk. Il protagonista, Tae-suk, è un vagabondo che si introduce nelle case temporaneamente vuote e, prima di andarsene senza lasciare traccia, è solito sistemare gli oggetti rotti che trova in casa.
La sua relazione con Sun-hwa, una donna maltrattata dal marito che incontra in una di queste case, è costruita quasi interamente sull’assenza di linguaggio parlato. Quello che vedremo scorrere di fronte ai nostri occhi sarà un amore puro e semplice e una forza salvifica che non ha bisogno di parole.
In questa pellicola il regista trasforma il silenzio in una tela bianca dove ogni piccolo gesto, ogni sguardo, ogni movimento è amplificato. La solitudine delle case vuote, e delle anime dei protagonisti, in cui ci immergiamo durante il film è raccontata attraverso la quasi totale assenza di dialoghi, rendendo il silenzio di questo film una nota eloquente e viva.
Non abbiamo bisogno di parole per comprendere le emozioni dei protagonisti. Non abbiamo bisogno di suoni che riempiono la stanza per vivere sulla nostra pelle cosa stanno provando. Questo silenzio, che inizialmente potrebbe generare un senso di distacco, finisce per creare un’intimità così profonda da rendere le parole superflue e costringe lo spettatore a osservare con attenzione quasi voyeuristica.
Non fatevi ingannare o spaventare dal fatto che si tratti di un film coreano. Ferro 3, La Casa Vuota è una pellicola agrodolce da amare, da scoprire e da comprendere come il silenzio che porta con sé.

La Musica Inesistente e il Freddo Silenzio di Non è un paese per vecchi
Cambiando totalmente genere, un film che mi ha stupita per l’uso consapevole del silenzio è Non è un paese per vecchi. In questa pellicola i fratelli Coen raccontano le vicende del sociopatico assassino Anton Chigurh alle prese con la ricerca maniacale di una valigetta contenente 2 milioni di dollari.
Per raccontare le gesta di quest’uomo irrimediabilmente perso, hanno scelto di eliminare completamente la colonna sonora per far emergere la tensione palpabile che permea l’intero film. Scelgono di utilizzare il silenzio in modo diametralmente opposto a Kim Ki-duk, non come veicolo d’amore quindi, ma come amplificatore di terrore e nichilismo.
Ogni scena e ogni incontro tra i personaggi è carico di una pericolosa quiete. Il silenzio diventa una minaccia e un’eco costante che sottolinea la brutalità delle azioni. C’è una violenza fredda e meccanica dalla quale non possiamo scappare rifugiandoci nella musica, che in molti altri film sarebbe usata per enfatizzare e trasmettere al pubblico il pericolo imminente.
In questo caso, invece, non fa altro che accrescere la sensazione di impotenza dei protagonisti e, di rimando, dello spettatore ormai scomodo e a disagio sulla propria poltrona. Questo silenzio, dunque, non è solo un espediente per accrescere il pathos, non è solo assenza di suono, ma un personaggio che non trova spazio nei titoli di coda, ma che non si può ignorare.

Il Suono del Mondo e l’Immersione Realistica di Roma
Parliamo infine di un film che non è silenzioso come i precedenti, ma si rivela intelligente nell’utilizzo calibrato del silenzio. Roma di Alfonso Cuarón è quasi un documentario privo di manipolazione sonora emotiva. Cuarón, nel raccontare la vita di Cleo, una giovane domestica che lavora per una famiglia borghese del quartiere Roma, immerge lo spettatore nei suoni caratteristici del Messico come le grida dei venditori ambulanti e i suoni del traffico cittadino. Il rumore ambientale, quello diegetico, diventa qui la vera colonna sonora, elevando la narrazione della quotidianità della protagonista a racconto.
Nei momenti di maggiore impatto emotivo, come il drammatico salvataggio in mare, l’assenza di musica, il solo rumore delle onde e della voce della protagonista, impone al pubblico pagante l’obbligo di prendere coscienza di una realtà cruda e molto più vicina a noi di quanto ci si aspetti da un film. Siamo lì, con Cleo, sentiamo il panico, lo sforzo e l’intero spettro di emozioni che prova durante l’arco narrativo.
L’approccio iper-realistico del sonoro, e non, adottato da Cuarón non solo riflette la condizione psicologica del personaggio, ma anche la paura dello spettatore di fronte al silenzio della vita reale. È un film potente e allo stesso tempo fluido che ci costringe a concentrarci sulle sfumature, sui dettagli e, in ultima analisi, sul proprio posto nel chiasso, ma anche nel silenzio del mondo.

Il coraggio del silenzio
Quello che penso possiamo imparare da questi 3 film è come il silenzio non sia mai fine a se stesso, ma una scelta consapevole portatrice di significati profondi. La paura del silenzio ci spinge a riempire il vuoto che porta con sé con parole, musica e rumori. Perché, come detto, il silenzio ci costringe a fare i conti con noi stessi, mentre la musica ci protegge. È difficile inoltre accettare l’idea che, a volte, non servano parole per esprimere ciò che proviamo, o che il suono che abbiamo imparato a conoscere sia in realtà un modo per evitare di confrontarci con la realtà.
Ma non è proprio questo uno degli insegnamenti di questi film? Che il silenzio, quando decidiamo di ascoltarlo, può essere un potente strumento di narrazione. L’assenza di parole non è solo un peso, ma può diventare speranza come in Ferro 3, La Casa Vuota. Scopriamo che può parlare più di una colonna sonora martellante, come in Non è un Paese per Vecchi. Ci racconta delle nostre paure, delle nostre speranze e delle nostre emozioni più nascoste come in Roma.
Il silenzio, infine, non è vuoto, ma un contenitore carico di significato.

