L’attore premio Oscar accusa lo studio di mancati guadagni per la distribuzione di “Sogni di un futuro perduto”.
Nel 1998, l’attore Dustin Hoffman intentò una causa contro la Warner Bros, accusando lo studio di non aver rispettato gli accordi contrattuali relativi alla distribuzione del film “Sogni di un futuro perduto” (“American Buffalo”). Hoffman sosteneva che la Warner Bros avesse limitato la distribuzione del film, riducendo così i suoi guadagni derivanti dalla percentuale sugli incassi.
La causa, che richiedeva un risarcimento di 66 milioni di dollari, si basava sull’accusa che lo studio avesse deliberatamente sabotato la distribuzione del film per evitare di pagare le percentuali dovute all’attore. Secondo Hoffman, la Warner Bros avrebbe distribuito il film in un numero limitato di sale e non avrebbe investito adeguatamente nella promozione, compromettendo il successo commerciale dell’opera.
La disputa legale si concluse nel 2001 con un accordo extragiudiziale, i cui termini non furono resi pubblici. Tuttavia, il caso sollevò importanti questioni sull’equità nei rapporti tra attori e studi cinematografici, evidenziando come le decisioni di distribuzione possano influenzare significativamente i guadagni degli artisti.
Questo episodio si inserisce in un contesto più ampio di controversie tra attori e studi riguardanti la trasparenza e l’equità nella distribuzione dei profitti. Ad esempio, il produttore Irwin Winkler ha accusato la Warner Bros di aver sottostimato gli incassi del film “Quei bravi ragazzi”, sostenendo che lo studio avrebbe nascosto un attivo di 140 milioni di dollari per evitare di pagare le percentuali dovute.
Questi casi evidenziano la necessità di una maggiore trasparenza e di accordi più equi tra gli artisti e gli studi cinematografici, per garantire che i profitti siano distribuiti in modo giusto e conforme agli accordi contrattuali.
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