“A house of dynamite” – il thriller nucleare di Kathryn Bigelow che non piace alla Casa Bianca.

La regista premio Oscar Kathryn Bigelow segna il suo ritorno con A house of Dynamite, dopo otto anni di silenzio, a Venezia con entusiasmo del pubblico sia sul red carpet che in sala, entusiasmo rivolto anche alla presenza del cast

La paura di una guerra nucleare è un tema caldo che da sempre ha influenzato il cinema. Ogni decennio, ogni generazione ha avuto il suo manifesto al cinema. “Est contro Ovest”: negli anni ha affascinato il pubblico trattando questa rivalità in modi diversi come in Il dottor Stranamore e Caccia a Ottobre Rosso.
 

“A house of dynamite” è stato presentato in anteprima quest’anno alla 82° mostra del cinema di Venezia, l’accoglienza è stata calorosa sia di pubblico che di critica per la regista Kathryn Bigelow , quarta donna premiata dagli Academy Awards per The Hurt Locker, che è tornata dopo una lunga pausa di silenzio dopo Detroit.

Bigelow dirige un importante cast retto da nomi come Rebecca Ferguson (Dune), Anthony Ramos (In the Heights) e Idris Elba (Luther). Un thriller politico nel quale vengono raccontate la paura e la pressione degli stessi 18 minuti vissuti da tre prospettive diverse: la Casa Bianca, il Comando Strategico e il Presidente.

Trama

Un missile intercontinentale minaccia di colpire la città di Chicago, stranamente il missile non viene intercettato al momento del lancio ma durante il suo volo sopra l’oceano pacifico. Viene allertata la Situation Room, il Pentagono e il Presidente che si riuniscono in videoconferenza. Da questo momento in poi si segna l’inizio di 18 minuti carichi di pressione emotiva, psicologica sui i diversi membri dell’Intelligence americano che devono sobbarcarsi decisioni cruciali.

Suspance e ciclicità

“A house of dynamite”, una metafora che si evince già dal titolo. La fragilità del mondo in cui viviamo è determinata dal massiccio spiegamento di armi, il clima politico mondiale non è altro che la conferma che il passato non ci ha insegnato niente (o noi non abbiamo voluto imparare). Questa è l’immagine residua che rimane alla fine del film negli occhi e nella mente dello spettatore. Bigelow adotta uno stile vicino al documentario, la mancanza di spettacolarizzazione (Hollywood clichè) dona un tratto realistico che si concentra sulla pressione psicologica.
 

La risposta della Casa Bianca

Successivamente all’uscita del film, molto limitata nelle sale americane, la Casa Bianca ha pubblicato una nota nella quale si affretta a specificare che i sistemi di rilevazione dei missili hanno il 100% di affidabilità e che ciò che viene mostrato nel film rispecchia semplicemente elementi drammaturgici per il coinvolgimento del pubblico. Molti sono stati i casi di “errori” scientifici nel cinema e commessi volutamente per emozionare lo spettatore.

La regista Kathryn Bigelow ha dichiarato di non essersi avvalsa di consulti con militari americani, posizione diametralmente opposta quella dello sceneggiatore Noah Oppenheim che ha invece dichiarato di essersi confrontato con diversi esperti di difesa militare del settore missilistico che le scene mostrate sono invece molto fedeli alla realtà.

“ Sfortunatamente, il nostro sistema di difesa missilistico è altamente imperfetto. Se il Pentagono vuole avviare una conversazione sul suo miglioramento […] questa è una conversazione alla quale vogliamo partecipare. Ma ciò che mostriamo nel film è accurato.”

“A house of dynamite” è disponibile in streaming su Netflix, una storia al cardiopalma ma che fa anche riflettere. Un film che divide e quando si riesce in questo vuol che un obiettivo è stato raggiunto.

Danilo Montagnino

Danilo "Dano" Montagnino. Classe 1986. Sono un bassista, arrangiatore e sceneggiatore. Il mio lavoro si concentra per lo più in teatro e mi piace "succhiare il midollo stesso della vita" attraverso i film che sono la parte più importante del tempo che dedico a me stesso concentrandomi maggiormente sulle emozioni e le colonne sonore.