Attori che sono finiti in terapia dopo un film: quando un ruolo diventa troppo reale

Ci sono ruoli che lanciano carriere, altri invece che li segnano per sempre. Per alcuni attori, interpretare un personaggio disturbato, sofferente o psicologicamente carico, non è stata solo una questione di bravura, ma è diventato un vero e proprio peso emotivo. In questo articolo raccogliamo alcune storie di chi ha dato tutto ,anche un pezzo di sé, per un ruolo da cinema.
Heath Ledger – Il Cavaliere Oscuro (2008)
La sua interpretazione di Joker è una delle più memorabili di sempre, perché il processo per arrivarci fu intenso e logorante. Ledger si isolò per settimane in una stanza d’albergo, scrisse un diario nei panni del personaggio e lottò contro l’insonnia. Dopo le riprese, non riusciva più a dormire senza farmaci. Anche se non è stato mai confermato ufficialmente un collegamento diretto con il ruolo, morì poco dopo per overdose accidentale di medicinali. Resta una delle interpretazioni più “possedute” di sempre.
Adrian Brody – Il Pianista (2002)
Per interpretare Władysław Szpilman, Adrian Brody perse oltre 13 chili, imparò a suonare il piano, lasciò la sua casa e interruppe la relazione con la sua partner. Dopo il film ha raccontato di essere stato emotivamente svuotato, al punto da non riuscire più a riconoscersi. Ha ammesso di aver avuto bisogno di aiuto per ricostruire un equilibrio mentale.
Linda Blair – L’esorcista (1973)
Era soltanto una ragazzina di tredici anni, quando divenne l’indemoniata più famosa della storia del cinema. Linda Blair fu catapultata in un mondo di polemiche, fanatismi religiosi e accuse di blasfemia. Ricevette minacce di morte, fu scortata da guardie del corpo per mesi e rimase intrappolata nel personaggio per anni. Le conseguenze emotive furono tali da segnarla profondamente, anche se ha scelto di parlarne solo molti anni più tardi.
Shelley Duvall – Shining (1980)
Stanley Kubrick è noto per la sua maniacalità, ma nel caso di Shelley Duvall, molti parlano apertamente di abusi psicologici. La costrinse a ripetere una scena per 127 volte, la isolò dal cast e la sottopose a un livello di stress continuo. Il risultato fu una performance indimenticabile, ma le conseguenze furono devastanti. Ha ammesso di aver sofferto di esaurimento nervoso e attacchi d’ansia per anni.
Jake Gyllenhaal – Nightcrawler (2014)
Nel ruolo del sociopatico Lou Bloom, Jake Gyllenhaal dovette perdere peso e dormire pochissimo per calarsi nella mentalità disturbata del personaggio. Dopo il film ha dichiarato che fu difficile “tornare alla realtà” e che ci volle del tempo per disintossicarsi da quell’energia malsana. Una discesa nell’oscurità da cui non fu facile riemergere.
Anne Hathaway – Les Misérables (2012)
Per interpretare Fantine, Anne Hathaway ha perso peso drasticamente, si è rasata i capelli in diretta e ha vissuto settimane di immersione nel dolore. Dopo le riprese ha ammesso di sentirsi “psicologicamente distrutta”. Ha raccontato che la sofferenza provata nel ruolo non era tutta finzione.
Bill Skarsgård – IT (2017)
Essere Pennywise non è stato facile. Skarsgård ha detto di aver fatto incubi ricorrenti durante e dopo le riprese, sentendo la presenza del personaggio anche fuori dal set. Nonostante il successo del film, ha dovuto lavorare su sé stesso per distaccarsi da quell’energia inquietante che si era portato dietro.
Attori finiti in terapia: quando il mestiere diventa “malato”
Dietro l’applauso e la fama ci sono momenti bui, crolli emotivi e solitudine. Questi attori, finiti in terapia dopo ruoli estremi, ci ricordano che la recitazione può diventare una forma di disagio personale, dove si nascondono spesso sacrifici reali.
Hollywood ha iniziato a prendere sul serio la salute mentale degli attori: su alcuni set sono presenti psicologi e coach emotivi. Perché essere bravi non dovrebbe significare di dover soffrire in silenzio.