Se vuoi una serie che mastichi drammi familiari, ricatti loschi, violenza gratuita, litigi stile soap-opera a ciclo continuo e anche un impero della cosmetica che nasconde più scheletri nell’armadio di quanti rossetti ci siano nel suo magazzino… beh, Beauty in Black è fatta per te.
Creato da Tyler Perry, arriva su Netflix con la promessa (maggiormente mantenuta?) di un turbinio di colpi di scena.
La protagonista è Kimmie, una stripper/ballerina esotica che cerca di uscire dal tunnel fatto di strip club, spintoni morali, sfruttamento e drammi casalinghi. Quando fa domanda per la scuola di parrucchieri della famiglia Bellarie, un’azienda di bellezza potentissima ma moralmente traballante, la sua vita cambia.
Dall’altra parte c’è Mallory, che già ha tutto: successo, potere, famiglia facoltosa. Ma anche lei ha demoni che la tormentano (matrimoni infelici, faide famigliari, segreti). Inevitabilmente, le strade di Kimmie e Mallory vanno a incrociarsi. E non in modo tenero.

BEAUTY IN BLACK: COSA FUNZIONA E COSA NO?
Dramma ed estetica:
La produzione e l’ambientazione sono pompose quel tanto che basta per far venir voglia di ogni costume, ogni rossetto, ogni scintillio. Perfetta se ti piacciono le serie con glamour criminale.
Power play:
Lotte di potere all’interno della famiglia Bellarie, intrighi, tradimenti, alleanze che cambiano come le tonalità di smalto.
Se ti divertono le storie dove puoi tifare anche contro i “cattivi”, con Beauty in Black hai materia prima.
Temi sociali:
Non è solo “dramma per il dramma” qui surfano questioni serie: disparità sociale, sfruttamento, lotte di classe, identità femminile, rapporti familiari perturbati.
Ci sono spunti per rifletterci sopra.
Punti deboli (ma con ironia inclusa):
Troppo, talvolta. Se ti piace il ritmo rilassato, la serie non è per te: la tensione, il turnover di tradimenti e colpi di scena, sono continui. È come se ci fosse qualcuno dietro le quinte che continuamente dicesse: “E se pure qui mettiamo un segreto? E se un altro lo tradisse? E se qualcuno morisse all’improvviso?”.
Il risultato è un caos narrativo che rasenta la soap con overdose di adrenalina. I personaggi ti lasciano un po’ con l’amaro in bocca: spesso sono stereotipi, oppure talmente esasperati che diventa difficile capirli, o affezionarsene. Kimmie, ad esempio, vuole essere “la sotto‑presa che ce la fa”, ma certe volte pare più vittima passiva che eroina in ascesa.
La violenza e le scene estreme, alcune sembrano messe lì per “essere scioccanti” piuttosto che per costruire empatia o tensione reale. A volte lasci lo schermo andando “ok, ma tutto questo sangue… e poi?”.

PER CHI È BEAUTY IN BLACK?
Per chi ama le soap drammatiche con tendenza al melodramma. Per chi apprezza le storie di riscatto (anche se non sempre ben gestite). Per chi non si scandalizza davanti a scene forti, nudi, violenza, intrigismi familiari. Per chi vuole distrarsi: se vuoi una serie da binge‑watchare senza dover pensare troppo, con colpi di scena a ogni puntata, è perfetta.
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