Con il film H is for Hawk, la regista britannica Philippa Lowthorpe – già tre volte vincitrice del BAFTA per progetti come Three Girls e Il concorso – porta al cinema la storia vera di Helen Macdonald, ornitologa, scrittrice e docente universitaria a Cambridge.
Il film nasce dall’adattamento del suo memoir Io e Mabel, best seller internazionale che racconta come l’autrice, dopo la morte improvvisa del padre, trovò conforto e senso nella relazione con un astore, Mabel. La protagonista è interpretata da Claire Foy, diretta ancora una volta da Lowthorpe dopo la collaborazione in The Crown. Accanto a lei, un intenso Brendan Gleeson nel ruolo del padre, fotografo eccentrico e pilastro emotivo della sua vita.
Un legame che diventa terapia
Dopo la scomparsa del padre, Helen, sopraffatta dal dolore, si rifugia in un’impresa tanto singolare quanto simbolica: addestrare un astore finlandese, che ribattezza Mabel. Quella che nasce come distrazione dal lutto si trasforma presto in un rapporto totalizzante, dove l’animale diventa proiezione e rifugio delle emozioni represse della protagonista. Nel film, il legame tra donna e rapace non è semplicemente addestramento o allegoria, ma una forma di connessione profonda, quasi spirituale, che racconta come la natura possa diventare spazio di elaborazione e guarigione. Mabel diventa il tramite con cui Helen rielabora la perdita del padre, l’eco vivente della sua passione per lo studio degli uccelli e, insieme, una presenza speculare: forte, selvaggia e libera come Helen vorrebbe essere.

La depressione come spazio narrativo
H is for Hawk affronta il tema della depressione non come condizione clinica, ma come dimensione esistenziale fatta di silenzi, isolamento e desiderio di sparire dal mondo degli altri. Il film di Lowthorpe racconta questo stato d’animo attraverso gesti piccoli e immagini potenti: lo sguardo fisso di Mabel, il piumaggio che diventa simbolo di libertà irraggiungibile, i ritmi quotidiani scanditi da rituali ossessivi. Nel rapporto tra le due creature emerge un equilibrio fragile e diseguale — una dipendenza reciproca che, pur nata dal dolore, diventa anche un percorso verso la comprensione di sé.
Tra documentario e introspezione
Dopo cinque anni lontana dal cinema, Lowthorpe torna dietro la macchina da presa con un progetto che richiama le radici del suo lavoro da documentarista. La cura per l’immagine e per il dettaglio naturalistico si fonde con l’intensità del dramma umano, creando una narrazione sospesa tra verità e poesia. La regista sceglie di non offrire redenzioni facili o epiloghi consolatori: il film è un cammino realistico e dolente, fatto di cadute e piccole rinascite, che unisce l’osservazione della natura alla ricerca interiore.
La nuova libertà di essere fragili
Attraverso la storia di Helen e Mabel, H is for Hawk riflette sulla fragilità come condizione universale. La paura della solitudine, la necessità del contatto e l’istinto di sopravvivenza si intrecciano in un linguaggio visivo delicato ma potente. Non è solo un film sul lutto o sulla depressione: è una meditazione sulla libertà, sul coraggio di accettare la propria vulnerabilità e di convivere con la perdita senza soccombere ad essa. Il messaggio si chiude sulle parole‑mantra del padre: “Vietato abbattersi.” Non un incoraggiamento stoico, ma un invito a trasformare la caduta in consapevolezza.

