Al Marrakech Film Festival la star di “Mercoledì” condivide le sue paure e speranze sull’intelligenza artificiale. «È facile esserne terrorizzati. Ma un computer non ha anima».
Ospite al Festival del cinema di Marrakech come giurata
Quando Jenna Ortega interviene su un tema caldo, la conversazione prende subito vita. A Marrakech, dove l’attrice è arrivata come giurata del festival presieduto da Bong Joon Ho, la domanda inevitabile è stata sull’ascesa dell’intelligenza artificiale nel mondo del cinema e della creatività. Jenna Ortega non ha usato mezzi termini. «È molto facile essere terrorizzati dall’IA» ha detto con la sincerità diretta che la contraddistingue. «Sembra che abbiamo aperto un vaso di Pandora». Una frase che riecheggia perfettamente l’atmosfera di incertezza che attraversa Hollywood e, più in generale, chiunque lavori nel campo della comunicazione visiva.

Una visione non catastrofica
Nonostante la preoccupazione, la sua visione non è catastrofista. Ortega spiega infatti che l’IA può essere anche affascinante, ma resta comunque lontanissima da ciò che rende l’arte davvero umana. «Ci sono cose che l’intelligenza artificiale non è in grado di replicare» sottolinea. «La bellezza delle difficoltà, degli errori, delle sfumature che nascono spontaneamente. Un computer non ha anima». Il suo ragionamento va oltre il semplice “pro” o “contro”. Secondo l’attrice, arriverà un momento in cui saremo sommersi da prodotti artificiali: contenuti troppo perfetti, troppo levigati e troppo simili tra loro. Qualcosa che, alla lunga, rischia di stancare il pubblico come accade con il “junk food” culturale. E proprio allora, dice, potrebbe scattare una sorta di nostalgia per l’autenticità. «Le persone cercheranno di nuovo qualcosa che abbia davvero un tocco umano».
La potenza dell’ AI
Il punto centrale delle sue parole è chiaro. L’IA non spaventa solo perché è potente, ma perché è ovunque. La minaccia non è la perfezione della macchina, bensì la possibilità che la sua presenza costante tolga spazio a ciò che l’arte rappresenta da sempre, cioè un processo fatto di tentativi, inciampi e intuizioni improvvise. A soli ventitré anni, Jenna Ortega riesce a dare voce alle inquietudini e alle curiosità di una generazione che vive l’innovazione tecnologica senza filtri. Non la rifiuta, non la idolatra. La osserva, la mette in discussione e la affronta con una lucidità sorprendente. E ricorda che, in mezzo agli algoritmi, c’è un valore che non possiamo permetterci di perdere: l’imperfezione che ci rende umani.
Perché, come dice lei, la tecnologia può imitare quasi tutto. Ma non potrà mai ricreare ciò che nasce da un’emozione vera.

