Kubrick e la tortura psicologica: quante volte ha fatto ripetere quella scena di Shining a Shelley Duvall?

La mania di perfezione, l’attenzione maniacale per i dettagli, il controllo totale su tutti gli aspetti della produzione, la ripetizione maniacale dei ciak. Benvenuti nel mondo di Stanley Kubrick.

Quanto bisogna essere “pazzi” per creare capolavori? Lo sa bene Shelley Duvall e chiunque abbia lavorato col genio visionario Stanley Kubrick, la sua ossessione per i dettagli ha assunto tratti leggendari, si raccontano aneddoti sui suoi backstage come se fossero delle creepypasta.

Le infinite riprese per catturare l’attimo perfetto che racchiude la profondità dei personaggi, delle scene, dei film… hanno spesso messo in crisi gli attori sottoposti a periodi molto lunghi di stress.

Kubrick, la doppia faccia di un genio

Da molti considerato un vero e proprio maestro cineasta, Kubrick è stato uno studioso completo dell’arte cinematografica – oltre a regista è stato sceneggiatore, produttore, direttore della fotografia, montatore, scenografo e creatore di effetti speciali – con la quale ha attraversato diversi generi senza mai adattarsi ai canoni hollywoodiani.

Da quando ancora tredicenne ricevette in regalo una macchina fotografica dal padre si appassionò alle tecniche di narrazione per immagini, da quel momento la sua vita divenne una continua osservazione e studio dei tratti umani.

Avendo lavorato negli anni successivi con diverse vesti artistiche riuscì a maturare una consapevolezza (tecnica cinematografica) che lo porta a mettersi in prima linea nella produzione dei suoi film, un controllo totale che dava la sensazione di dirigere anche sé stesso.

Shining: una vera maratona

Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King, è stato soggetto a lunghissimi tempi di produzione che hanno causato attriti tra il cast e il regista, uno stress che causò in Shelley Duvall un vero e proprio esaurimento nervoso con conseguente perdita dei capelli e frequenti acciacchi.

L’attrice confidava in tempi di ripresa più brevi mentre era protagonista di molti litigi sul set nei quali Kubrick le contestava battute e recitazione ad ogni occasione.

Per non parlare delle continue modifiche al copione anche nella stessa giornata che hanno portato un altissimo livello di frustrazione e stress per altri membri del cast: Jack Nicholson che iniziò ad imparare le battute pochi minuti prima di girare e Scatman Crothers che minacciò più volte di abbandonare il progetto.

Tornando alla Duvall, subì da parte di Kubrick una vera tortura psicologica che per ottenere la “giusta” performance isterica di Wendy la sottopose a isolamento quasi totale e continue vessazioni.

La scena in cui Wendy risale all’indietro la scala per sfuggire al marito ormai fuori di sé ha richiesto ben 127 ciak entrando ufficialmente nei Guinnes World Record, senza contare i continui avvisi di ripresa puntualmente disattesi.

A cosa si ispira un genio?

Dietro la sua espressione accigliata e scontrosa si nascondeva una mente aperta, si è dedicato magistralmente in diversi generi e sotto generi di film con enorme successo:

Film di guerra come Full Metal Jacket e Orizzonti di Gloria, la fantascienza spaziale di 2001: Odissea nello spazio e quella sociologica di Arancia Meccanica, la satira politica de Il Dottor Stranamore con il camaleontico Peter Sellers, il thriller erotico di Eyes Wide Shut il suo ultimo film che ha costretto Tom Cruise a ripetere una scena ben 93 volte.

Un occhio critico ai limiti della psicosi ma una mente profondamente devota all’arte che citava spesso nell’estetica delle sue regie come il dipinto di Goya Il sonno della ragione genera mostri in Shining e i quadri inglesi del settecento nei piani sequenza di Barry Lyndon.

Ultimo, non per importanza, il ruolo fondamentale che ha la musica nell’universo di Kubrick. Un mezzo di comunicazione per enfatizzare ciò che magari potrebbe passare inosservato o banale, proviamo per un attimo a immaginare le scene di ultraviolenza perpetrata da Alex e suoi drughi in Arancia Meccanica senza le note del ” caro Ludovico van”.

Tutto questo rappresenta il genio visionario che era Stanley Kubrick , non quello che lo spettatore vuole vedere ma ciò che deve vedere. Un maestro che abbiamo perso forse troppo presto e che sicuramente avrebbe donato tanto alla settima arte.

Ad oggi, contemplando l’eredità artistica lasciata dal regista, risulta davvero difficile definire la sua mania di perfezione come difetto o virtù: ogni storia ha due facce, la verità non è mai assoluta. Il vero insegnamento che ci ha lasciato è che l’ossessione per il dettaglio fa la differenza tra un film e un capolavoro.

Danilo Montagnino

Danilo "Dano" Montagnino. Classe 1986. Sono un bassista, arrangiatore e sceneggiatore. Il mio lavoro si concentra per lo più in teatro e mi piace "succhiare il midollo stesso della vita" attraverso i film che sono la parte più importante del tempo che dedico a me stesso concentrandomi maggiormente sulle emozioni e le colonne sonore.