La fine dell’anno si avvicina sempre di più ed è arrivato il momento di tirare le somme di questo 2025 incredibilmente carico di perle cinematografiche. Fin dall’inizio di questo straordinario anno non abbiamo smesso di parlare e di spalancare gli occhi di fronte allo schermo delle sale cinematografiche. Quest’anno i cinema ci hanno attirato non solo con grandi titoli blockbuster hollywoodiani e pomposi ma anche con produzioni indipendenti o a basso budget. Tantissimi registi sono saliti sul palco delle nuove promesse grazie a opere ambiziose e audaci, mentre grandi cineasti sono tornati, ricordandoci la magnificenza della settima arte.
10. The Smashing Machine di Benny Safdie

Quest’anno Benny Safdie ci ha riportato indietro nel tempo, ai primi anni ’90, quando la UFC era una realtà di nicchia per pochi appassionati. Un periodo in cui i premi per cui si rischiavano fratture multiple non erano ancora multimilionari come oggi. Un’epoca in cui il nome di Mark Kerr era sulla bocca di tutti. Una biografia sportiva intensa e struggente dal ritmo narrativo medidativo e posato, su un lottatore che ha portato sulle spalle l’immagine delle arti marziali miste, trasformandole nell’immenso e adrenalinico spettacolo di oggi.
In un’industria cinematografica dominata dall’IMAX, Benny Safdie decide di girare il proprio film in pellicola di 16 mm, facendo traspirare anche attraverso la forma l’atmosfera degli anni ’90. Dwayne Johnson veste i panni di un lottatore celebrato e osannato dal suo pubblico, ma dietro la patina della fama e delle cinture di campionato nasconde un dolore profondamente umano ed esistenziale. Un’interpretazione toccante, di fisicità e forte espressione emotiva, con importanti momenti di introspezione psicologica, che lancia Johnson nella competizione per l’Oscar come miglior attore protagonista.
9. A House of Dynamite di Kathrine Bigelow

Quanto vi fidereste a vivere in una casa fatta interamente di dinamite? Un piccolo movimento errato potrebbe bastare a far accendere una miccia. Nessuno di noi vorrebbe, eppure questo è il mondo in cui ci ritroviamo a vivere. Interi stati disseminati di testate atomiche pronte ad essere lanciate. Kathryn Bigelow crea un thriller politico di tensione al cardiopalmo, in cui 18 minuti sono il tempo che rimane prima che la società occidentale attraversi il punto di non ritorno. 18 minuti interminabili che separano l’umanità da una guerra che potrebbe segnarne l’estinzione. Una pellicola cinematografica che è un monito da cui non è possibile distogliere lo sguardo.
Un missile balistico intercontinentale viene lanciato al largo dell’Oceano Pacifico, senza alcuna idea di quale sia lo stato responsabile di tale attacco. La Corea del Nord? La Cina? La Russia? Non lo sapremo mai, e non è importante saperlo. Da lì a poco 10 milioni di persone perderanno la vita. La Bigelow ci immerge totalmente in uno scenario pre-apocalittico, mostrandone i retroscena politici e militari da tre prospettive diverse: una base militare nell’Oceano Pacifico, la situation room della Casa Bianca e il Presidente degli Stati Uniti. L’unica soluzione, concordano tutti, è lanciare una testata missilistica per distruggere quella in arrivo. Ma secondo voi, quante possibilità ci sono di colpire un proiettile con un proiettile?
8. The Voice of Hind Rajab di Kawthar ibn Haniyya

Un film che non ha sicuramente bisogno di presentazioni e che rappresenta una testimonianza vivida e preziosa di una tragedia umanitaria ancora in corso. Quando Hind Rajab rimane intrappolata nella sua auto, dopo che un carrarmato israeliano ha colpito l’auto della sua famiglia, chiama gli operatori della Mezzaluna Rossa affinché la vadano a salvare. Ma l’operazione è più difficile di quanto sembri, e il responsabile delle operazioni non vuole rischiare la vita di altri soccoritori.
Fin dalle prime immagini il film crea una densa cortina di tensione, difficile da scrollarsi dalle spalle anche dopo la fine dei titoli di coda. La regista tunisina Kawthar ibn Haniyya utilizza le registrazioni della chiamata, con la voce della piccola Hind Rajab, e usando un incredibile montaggio che alterna le vere immagini della vicenda con le immagini del film, crea un’incredibile sovrapposizione tra realtà e finzione. Una tecnica di montaggio efficace che ci ricorda che quello a cui stiamo assistendo non è una finzione narrativa della regista, ma la tragica realtà quotidiana vissuta da un popolo.
7. Bring Her Back di Danny e Michael Philippou

Un body horror cronenberghiano, macabro e violento targato A24, diretto dai due registi esordienti Danny e Michael Philippou, che con questo film consacrano la loro carriera registica. Un’opera spietata sul dolore provocato dalla morte, sul vuoto esistenziale e incolmabile che lascia, soprattutto quando il lutto riguarda una madre e sua figlia. A quel punto la disperazione umana può condurci a compiere qualsiasi azione, anche sfidare la morte stessa attraverso un rituale satanico, pur di riportare indietro le persone che amiamo.
Piper e Andy sono due ragazzi che hanno perso il padre, e la loro custodia viene affidata temporaneamente a Laura, una psicologa infantile che sta ancora attraversando il lutto della figlia. Insieme a Laura vive Oliver, un ragazzino affetto da mutismo dal comportamento inquietante. Oliver, infatti, mette continuamente in atto comportamenti autolesionistici estremi, mangia la sua stessa pelle e distrugge ogni cosa in casa. Oliver è in realtà un ragazzo sospeso a metà tra la morte e la vita che sta cercando di comunicare con il mondo dei vivi per essere liberato.
6. 28 anni dopo di Danny Boyle

L’autore di culto Danny Boyle, regista di Trainspotting, è tornato quest’anno con il sequel di una delle sue opere più amate dal pubblico, 28 giorni dopo. Un horror survivor che parla di famiglia, di ereditarietà, di colpa, dei traumi della società e dell’incessante ricerca di speranza. In un mondo ormai devastato dalla malattia, in cui la vita è diventata mera sopravvivenza, non esiste più nulla in cui credere, nessuna certezza. Niente eccetto la morte. Quando la vita perde tutti i suoi significati, allora la morte viene issata a divinità.
Boyle ci fa avventurare all’interno di un mondo devastato e ormai alieno agli esseri umani. Ormai l’uomo non può più reclamare la Terra come sua casa di appartenenza, ed è condannato a viverci fuggendo e nascondendosi come una preda. Un road movie post-apocalittico che, attraverso una grandiosa scrittura, riesce a parlare del nostro presente. Senza fare troppe prediche ci mostra cosa succede nella nostra società a causa dell’isolamento, della paura dell’altro e quando la nostra sicurezza vale più della nostra umanità.
5. Weapons di Zach Cregger

In quest’anno costellato dagli horror indipendenti si è alzata anche la voce di Zach Cregger, che ha firmato una pellicola horror di stampo classico. Cavalcando la nuova corrente dell’Eleveted horror, Cregger confeziona un thriller dal mistero intrigante che gioca in maniera creativa con il sottogenere della possessione e dell’home invasion. Una pellicola dalla sceneggiatura efficace e dalla messa in scena visivamente potente. Un’opera ambiziosa che parla di guerra ma in un modo originale e inaspettato. Non la guerra dei grandi eserciti ma una più sottile, quella per il controllo delle persone.
Nella cittadina di Maybrook, alle 2:17 del mattino, tutti i bambini spariscono correndo via dalle loro case senza alcuna apparente spiegazione. Un evento che traumatizza fortemente gli abitanti del paese. Quella di Zach Cregger è un’America senza social o troupe televisive, un’America disconnessa alla ricerca di un legame umano che sente di aver perso. In cui le persone sono spaventate da quanto sono facilmente manipolabili e portate a compiere azioni orribili. Un’America, purtroppo, ancora ostaggio delle sparatorie all’interno delle scuole.
4. Frankenstein di Guillermo Del Toro

La storia di Frankenstein ha ricevuto nella storia del cinema un numero incalcolabile di trasposizioni e adattamenti, quindi un ennesimo film sulla mostruosa creatura di Mary Shelley non sembra essere qualcosa di indispensabile. Questo è vero, a meno che dietro la macchina da presa non ci sia uno dei più importanti e geniali autori cinematografici.
Del Toro mette in campo tutta la sua estetica fiabesca e gotica per insegnarci a distinguere il bene dal male, per raccontare il dolore nelle sue forme più pure e per parlare della paura. Del Toro mescola con sapienza magistrale gli elementi fantastici del racconto di Mary Shelley insieme a quelli più realistici, creando una fiaba amorosa dalle atmosfere viscerali e organiche. Attraverso una chiara simbologia delle scenografie e delle immagini, Del Toro rivela come i veri mostri sono gli esseri umani, mentre le creature sono espressione dell’oscura mostruosità interiore che vive dentro di loro. Dalla perdita dell’innocenza all’ambizione prometeica del dottor Victor Frankenstein interpretato da Oscar Isaac, la pellicola riesce a dare voce agli eterni conflitti morali dentro di noi.
3. Eddington di Ari Aster

Il maestro del thriller e della tensione ansiogena e palpitante è tornato con la sua quarta pellicola. Questa volta Ari Aster non ci parla soltanto della mostruosità della famiglia moderna, ma della società in tutta la sua inafferabile complessità. Un neo-western satirico dai toni politici dark comedy, grotteschi e provocatori, sugli effetti della disinformazione, della polarizzazione e della frattura sociale in corso all’interno della società americana. Come in Midsommar, Aster riporta l’inquietudine e l’orrore della società sotto la luce del sole cocente del New Mexico, priva di ombre, senza alcuna possibilità di nascondersi. Attraverso la sua regia ferma e controllata, Aster inchioda lo spettatore rendendogli impossibile la fuga.
Joaquin Phoenix è uno sceriffo della piccola cittadina di Eddington che non accetta le leggi imposte dal governatore dello stato sull’obbligo di indossare le mascherine. Pedro Pascal, in una delle sue migliori interpretazioni, è il sindaco di Eddington che, in contrasto con il burbero sceriffo, vuole che le leggi vengano rispettate. Aster mette in scena egregiamente la lotta intestina vissuta dagli americani, tra il potere centrale e le aree rurali e provinciali che non vogliono sottomettersi a un potere esterno. Un altro inquietante capolavoro di Ari Aster.
2. Avatar: Fire and Ash di James Cameron

Pandora è un pianeta dal fascino intrigante e maestoso, irresistibile in ogni suo piccolo antro di foresta e laguna marittima. Un pianeta in cui ad ogni nuovo capitolo della saga la voglia di tornare a camminare insieme alle comunità di Na’Vi e a volare nel limpido cielo azzurro è sempre più forte. Anche per questo terzo film James Cameron espande il mondo di Avatar facendoci conoscere nuove tribù, i mercanti del vento e il popolo della cenere, un popolo abbandonato dalla grande madre Eywa e che ora venera solo il fuoco. Cappeggiato da Varang, una spietata e crudele Na’Vi, il popolo della cenere rappresenta il volto più oscuro di Pandora, alla ricerca di vendetta e distruzione.
Ancora una volta Cameron compie un passo avanti, spostando l’asticella del livello tecnologico e visivo ancora più in alto. Approfondendo l’aspetto psicologico dei suoi personaggi, che non rimangono mai delle mere sagome di cartone sullo sfondo di Pandora, ma prendono vita insieme alla sua fauna e alla sua flora. Un’opera in cui le parole possono solo lasciare lo spazio alla bellezza mozzafiato delle immagini.
1. Una battaglia dopo l’altra di Paul Thomas Anderson

Nulla è stato più gradito quest’anno del ritorno del leggendario Paul Thomas Anderson con Una battaglia dopo l’altra. Ennessimo capolavoro di un regista che non ha mai smesso di reinventare la settima arte. Anderson crea un ritratto lucido e coerente di una società spaccata, attraversata da conflitti di classe e polarizzazioni politiche che stanno portando le parti in lotta ad azioni sempre più estreme. La crisi dei valori nella società occidentale è arrivata portando con sé rabbia e frustrazione, un turbine di crimine e violenza che si autoalimenta. E all’orizzonte la paura di affogare in una sanguinosa guerra civile.
Una battaglia dopo l’altra non è un film sulla politica, ma sulle persone che si muovono all’interno di essa. L’opera è un mosaico perfetto in cui vengono raffigurati comunità, minoranze e gruppi politici. Quello del regista americano è un mondo privo di eroi, senza redenzione o “catarsi” in senso classico. Un mondo in cui gli ideali stanno venendo svuotati del loro significato autentico: il film trasmette i suoi messaggi attraverso la forma registica e fotografica. Ma senza mai scadere nel cinismo, la speranza risiede nelle generazioni future che conducono le loro battaglie. E il titolo stesso suggerisce che non esiste vittoria o sconfitta, ma che ogni conflitto è destinato a generare il successivo.
Menzioni Onorevoli
In questo anno ricco di sorprese e incredibili esperienze cinematografiche non possiamo fare a meno di nominare altri titoli che ci hanno emozionato e commosso grazie alla loro bellezza.
Wake Up Dead Man: A Knives Out Mystery di Rian Johnson

Benoit Blanc ritorna in una nuova elegante veste, capelli lunghi, impermeabile beige e abito a tre pezzi, per un giallo a porte chiuse dalla cornice religiosa. Forte delle critiche ricevute per il secondo capitolo della serie Knives Out, Rian Johnson riaggiusta la mira con questo terzo film, tornando alle atmosfere del suo esordio. A dispetto dell’ambientazione marittima del precedente film, in questo capitolo si respira un’aria autunnale e dicembrina, dalle sfumature castagno. Un’opera più raccolta e meno dispersiva, più domestica e con molti meno eccessi, dai toni dark e neogotici. Un whodunit labirintico e intricato dal ritmo trascinante, ma che non raggiunge i picchi di genialità del primo.
Dracula: A Love Tale di Luc Besson

Insieme al mostro di Frankenstein quest’anno è ritornata la vampiresca figura del conte Dracula. Un’opera delicata dall’estetica barocca, con una fotografia dominata dal rosso della passione e dal grigiore della decadenza gotica e romantica. Caleb Laundry Jones è un vecchio conte pluricentenario che sta avvizzendo nel suo castello della Valacchia, solo e maledetto dal Dio che aveva giurato di difendere, ma che dopo una feroce battaglia gli ha sottratto l’amore della sua amata. Besson reinterpreta con eleganza il tormento e la ricerca di passione del conte Dracula, che in questa versione racconta dei suoi anni di solitudine e pellegrinaggio al giovane Jonathan Harker. Un film che ricorda il Dracula di Coppola e il Profumo di Tykwer. La scena del ballo è qualcosa di a dir poco sublime e memorabile.
Warfare di Alex Garland

Alex Garland e Ray Mendoza ci regalano un piccolo gioiello di realismo bellico. Il Plotone Alpha One di NAVY Seals prende posizione all’interno di un edificio abitato durante la guerra in Iraq, in una zona controllata da ribelli. Il film è un’istantanea cruda e senza filtri dell’esperienza in prima persona vissuta dai militari che sono stati mandati a combattere in Iraq. I colpi dei proiettili fischiano direttamente nelle orecchie, il caldo è soffocante, la polvere si incolla alla pelle e ogni goccia di sangue potrebbe essere l’ultima. Un’opera che risveglia nello spettatore il primitivo terrore della guerra.
Mickey 17 di Bong Joon-ho

Un film che purtroppo non ha avuto successo al botteghino, ma che è ,in realtà, un favoloso film di fantascienza. Il regista coreano Bong Joon-ho, regista del pluripremiato Parasyte, ha presentato un’opera sci-fi dai toni suggestivi, una critica sociale al mondo alienante del lavoro, in cui i lavoratori sono visti come merce sacrificabile e sostituibile. Un’incredibile satira sociale sul colonialismo, lo sfruttamento e le disparità di classe, merito delle straordinarie interpretazioni di Toni Collette e di un Mark Ruffalo, buffamente simile a Donald Trump. Grazie al concetto narrativo del sosia il film solleva interessanti domande: Cosa vuol dire essere veramente sé stessi?
The Girl With Needle di Magnus Von Horn

Direttamente dall’avanguardistico cinema della Scandinavia, un’opera in bianco e nero angosciante e disturbante. Un trattato sociale di maternità, di femminismo, di condizioni di vita miserevoli e precarie che portano l’animo umano a vacillare sul bordo dell’abisso. Un dipinto dalle pennellate amare su come la disperazione e la povertà post-bellica conducano le persone a compiere gesti mostruosi pur di sopravvivere. Una fiaba gotica che racconta le atrocità di una serial killer che uccise più di 20 bambini nati al di fuori del matrimonio. Magnus von Horn si riconferma una delle voci più promettenti del cinema mondiale, da tenere assolutamente d’occhio.
Presence di Steven Soderbergh

Una casa infestata. Una famiglia disfunzionale dai rapporti consumati. Passato e futuro diventano equivalenti sulla linea del tempo. Con pochi semplici ingredienti Soderbergh costruisce un horror sperimentale in piano sequenza dalle atmosfere spettrali, che rifiuta i jump scare preferendo stimolare la curiosità e il voyeurismo nella narrazione. Un progetto meritevole e ambizioso di un regista in perenne rinnovamento. E con un plot twist finale degno di nota.
Nosferatu di Robert Eggers

E dove c’è Dracula, c’è Nosferatu. Robert Eggers si arrampica sull’olimpo dei grandi nomi come Murnau e Herzog, per compiere una trasposizione monumentale. Un inno cinematografico dall’estetica gotico pittorica, con set storici e ambientazioni storicamente accurate che rievocano i grandi quadri dell’ottocento. Ogni location e ogni oggetto di scena sono attentamente studiati per evocare una sensazione di autenticità storica. Una fotografia dalla palette cromatica estremamente ampia che si muove dal giallo oro degli interni al blu notte e spento nelle scene più horror. Contrasti netti tra luce e ombra che ricordano il cinema espressionista tedesco di Murnau e Fritz Lang. Una pellicola che parla non solo di amore e sessualità, ma anche di inibizioni e delle conseguenze mostruose che nascono quando i nostri istinti sessuali e amorosi vengono repressi. Un’opera dall’anima ribelle e sovversiva destinata a diventare un classico.
The Monkey di Osgood Perkins

Pensate che la morte non sia divertente? Non avete ancora visto The Monkey di Oz Perkins. Tratto dall’omonimo romanzo best seller di Stephen King, il film prende le distanze dal genere horror del libro per virare su una versione dark humor della storia. Due fratelli trovano una scimmia giocattolo dotata di tamburo, che quando inizia a funzionare porta però a delle conseguenze nefaste per la vita di qualcuno. Perkins in questa nuova opera gioca con l’assurdità della morte, decostruendo la rappresentazione hollywoodiana della morte, non più come momento solenne e importante, ma come una bizzarra e comica concatenazione di eventi.
In questa lista di fine anno abbiamo cercato di riunire quei titoli che ci hanno colpito direttamente al cuore, cercando di non scadere in un elenco di titoli troppo popolari e consumati dall’infinito numero di recensioni che hanno ricevuto. Opere che hanno lasciato trasparire l’amore per il cinema del loro regista e delle persone che hanno preso parte alla lavorazione. Dopo quest’anno non vediamo l’ora di vedere quali titoli approderanno nelle sale nel 2026.

