Il significato non molto nascosto di “La Fabbrica di cioccolato”, il legame tra Willy Wonka e Dante.

Il significato non molto nascosto di “La Fabbrica di cioccolato”, il legame tra Willy Wonka e Dante.

L’allegoria dei vizi e delle virtù in La Fabbrica di Cioccolato, il racconto in cui Willy Wonka mostra come la sua visione di peccato capitale, e delle sue conseguenze, lo rende un moderno Dante Alighieri attraverso un viaggio in un girone infernale zuccherato.

Il linguaggio dell’arte ha sempre utilizzato immagini volte a mostrare la debolezza umana, un tentativo di migliorare l’essere umano sensibilizzando le coscienze, facendo leva sulla morale. L’opera più importante che ha contribuito a infondere la paura dell’inferno è sicuramente la Divina Commedia, con la sua dettagliata descrizione delle fiamme eterne, ha scatenato l’immaginazione di artisti e anche, più avanti, di scrittori e registi.

Nel 2005, Tim Burton dirige la sua versione di Charlie e la fabbrica di cioccolato tratto dall’omonimo romanzo di Roald Dahl, il quale ha visto un precedente adattamento cinematografico con l’immortale genio comico di Gene Wilder. Tra tutte le versioni, quella di Burton è quella che senza dubbio ha riportato meglio la visione dell’autore che scrisse questo romanzo dedicato ai bambini, ma che anche gli adulti dovrebbero conoscere.

La vincita del Biglietto d’oro

Per chi, speriamo pochi, non conosce questo film (questo sarebbe il vero peccato) La Fabbrica di Cioccolato è la storia di Charlie, un bambino che vive in una baracca con la sua umile, ma amorevole famiglia, che dopo diversi tentativi riesce ad ottenere il diritto a visitare la fabbrica di cioccolato di proprietà del misterioso Willy Wonka insieme al Nonno Joe ed altri cinque bambini molto diversi da lui.

Charlie e gli altri visitatori scoprono un mondo magico celato dietro le mura dello stabilimento, popolato dai piccoli uomini Umpa Lumpa che lavorano nella fabbrica. Durante il tour, i bambini cedono ai loro vizi e subiscono una serie di incidenti punitivi.

Una morale amara e cruda

Tra canzoni e scenari impregnati di dolcetti, si districa una morale amara e cruda; proprio come Dante nel suo Inferno decantava la sua visione delle conseguenze del peccato( una visione molto viziata dalle sue idee politiche) il Willy Wonka di Burton è un personaggio traumatizzato che, nonostante la sua produzione principalmente mirata ai bambini, ne prova a tratti disgusto e per questo vuole punire i loro vizi.

Non è difficile notare nella prima parte del film la spiccata virtù di Charlie in contrapposizione alle personalità tossiche degli altri bambini vincitori del rarissimo biglietto d’oro, istintivamente Charlie ci fa affezionare ma gli altri bambini ci divertono… solo inizialmente, man mano che l’intreccio si svolge ci rendiamo conto chi vorremmo essere e chi siamo.

Virtù contro Vizio

In un mondo dalle forme deformate e dai toni burtoniani, questi bambini non sono semplici personaggi, ma incarnazioni esasperate dei nostri vizi. Caricature grottesche che, proprio per questo, riescono a dire la verità: il vizio fa parte di ciò che siamo.

Augustus Gloop è la Gola, un bambino dominato da un desiderio senza freni, incapace di fermarsi. Veruca Salt rappresenta l’Avarizia, viziata e prepotente, pronta a ottenere tutto con mezzi meschini pur di possedere ciò che vuole. Violetta Beauregarde è la Superbia, gonfiata dall’ambizione e da una madre ossessionata dai successi, sempre in competizione con il mondo. Mike Teavee, infine, incarna l’Ira: un piccolo genio arrogante, freddo e sprezzante, che sfoga la propria rabbia umiliando gli altri. Figure deformate e quasi fiabesche, ma inquietanti proprio perché, dietro l’eccesso, riflettono parti profondamente umane.

Perfino Nonno Joe, uno dei “buoni” della storia, è dedito ad una esistenza viziata da Accidia e Avarizia, vive la sua vita praticamente confinato per scelta in un letto che condivide con gli altri nonni di Charlie; finché quest’ultimo non torna in casa col biglietto vincente e che in un primo momento appoggia l’idea del nipote di venderlo per ricavarne un po’ di soldi.

La Fabbrica di Cioccolato è una allegoria che viaggia sulla critica al consumismo, sulla società viziata e sulla celebrazione dei valori familiari e affettivi. Nel racconto ogni bambino fallisce una prova morale legata ad un vizio, tutti tranne Charlie che resta fedele alla sua natura umile e alla sua integra moralità, che gli permette di vincere il premio finale ponendo così l’accento sulla morale del film.

Allo stesso tempo, il film ci lascia con domande che restano sospese, come un retrogusto amaro dopo la dolcezza: quanto siamo davvero capaci di resistere alle tentazioni? E se, in fondo, il vizio fosse più seducente della virtù, nonostante le conseguenze che porta con sé? È proprio in questa ambiguità che la storia trova la sua forza, invitandoci a guardarci dentro, senza giudizio, ma con una sincera inquietudine.

Danilo Montagnino

Danilo "Dano" Montagnino. Classe 1986. Sono un bassista, arrangiatore e sceneggiatore. Il mio lavoro si concentra per lo più in teatro e mi piace "succhiare il midollo stesso della vita" attraverso i film che sono la parte più importante del tempo che dedico a me stesso concentrandomi maggiormente sulle emozioni e le colonne sonore.