L’attualità passa dalla cultura, La Ragazza di Ghiaccio sarà al cinema per tre giorni dal 24 novembre. Un film cupo e pieno di simboli proiettato nelle sale per le donne ma soprattutto per gli uomini che hanno ancora “difficoltà” a comprendere il mondo immenso che vive dentro le donne.
La Ragazza di Ghiaccio – come spesso accade le traduzioni italiane perdono di mordente (il titolo originale olandese è Het Smelt tradotto sarebbe “quando si scioglie”) – è tratto dall’omonimo libro del 2016 di Lize Spit. Una storia basata su memoria e traumi infantili che segue due linee temporali: il presente e il passato di Eva che si intrecciano in un turbine emotivo causato da abusi e bullismo.
Un doppio debutto: Veerle Baetens alla regia, Rosa Marchant come attrice che interpreta la giovane Eva che ha ricevuto il premio per la migliore interpretazione dallo Special Jury Awards in occasione del Sundance Film Festival, dove il film è stato presentato in anteprima negli Stati Uniti nel 2023

Chi è la ragazza di ghiaccio?
Eva, interpretata da Charlotte De Bruyne da adulta e da Rosa Marchant da giovane, ritorna dopo tanti anni di assenza nel suo paesino di origine nelle Fiandre occidentali. L’occasione è una rimpatriata con gli amici d’infanzia Tim e Laurens (Anthony Vyt e Matthijs Meertens), un ritorno che causa in Eva la riapertura di un capitolo della sua vita che ha cercato di mettere da parte andando via. Un capitolo segnato da giochi crudeli e dinamiche sociali tossiche e violente, ma non è tornata per continuare a subire.
A distanza di tredici anni da quegli eventi, Eva torna nel paesino di Bovenmeer in Belgio con un enorme blocco di ghiaccio; vuole definitivamente chiudere con la sua infanzia segnata da una madre alcolizzata e un padre violento che la portò in quel periodo a cercare le attenzioni da parte di Tim e Laurens. Attenzioni che trascesero in giochi crudeli supportati dal silenzio degli adulti. Cicatrici indelebili nella sua anima.
Cos’è il “ghiaccio” della ragazza?
Gli eventi legati a quell’estate segnano la fine dell’innocenza di Eva bambina e il violento inizio dell’età adulta. Viene messo in primo piano il doloroso silenzio di una comunità complice dei comportamenti disfunzionali dei ragazzi, l’impossibilità di sfuggire ai ricordi riaffiorano nel presente e per i quali Eva cerca confronto e, forse, vendetta. Il blocco di ghiaccio è l’immagine che Veerle Baetens vuole fissare nello spettatore, del peso portato dalla protagonista.
Eventi terribili e irrisolti rimasti “congelati” nella sua memoria, una stasi immobile che la rende fredda e distante, al contempo rappresenta la necessità e il desiderio di Eva di affrontare questi traumi permettendo loro così di sciogliersi e renderla finalmente libera. Una vera e propria elaborazione del trauma e il suo superamento.

Perché vederlo?
Il cinema europeo – specialmente austriaco, spagnolo, olandese – è noto per raccontare storie drammatiche e disturbanti attraverso una forte simbologia. Sono strumenti che si discostano molto dal cinema di “massa” e che sono funzionali a lasciare nello spettatore l’amaro in bocca. La Ragazza di ghiaccio è una denuncia contro chi sottovaluta il problema, è una denuncia che spinge le donne che non hanno il coraggio di parlare ad affrontare i propri demoni, è una denuncia contro chi si gira dall’altra parte.
Non è un caso che il film verrà proiettato in Italia nei giorni dedicati alla sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, perché finché ci sarà bisogno di una giornata mondiale per far capire alla gente un concetto così semplice non possiamo definirci una società civile. Andare al cinema a vedere La Ragazza di Ghiaccio è prima di tutto un dovere morale verso noi stessi e verso gli altri.

