La quinta e ultima stagione di Stranger Things è finalmente arrivata su Netflix, e con essa il ritorno di Hawkins, quel piccolo mondo dove il soprannaturale incontra l’adolescenza, creando una nostalgia che ha fatto il successo della serie. Ma, a distanza di anni dall’uscita della prima stagione,c è davvero lo stesso entusiasmo di un tempo?
The Crawl: la puntata tanto attesa
La prima puntata, The Crawl, ci riporta immediatamente a quelle atmosfere di tensione e mistero che hanno contraddistinto Stranger Things fin dall’inizio. La combinazione di nostalgia e paura, con un mix di creature oscure, minacce soprannaturali e la lotta eterna tra luce e buio, è ciò che rende unica questa serie. Fin dalle prime scene, in cui vediamo un Will bambino trascinato nell’oscurità e una Hawkins in quarantena militare, la serie ci riporta a ciò che amiamo, ma con un senso di urgenza e novità che ci fa capire che stiamo entrando nell’atto finale di una storia che non ci lascerà facilmente.
Ancora lo stesso entusiasmo o distacco emotivo?
Eppure, a partire dalla quarta stagione, Stranger Things ha intrapreso una strada che, forse, ha allontanato quel fervore che inizialmente ci aveva conquistati. La divisione della quarta stagione in due volumi, la lunga attesa e i cliffhanger artificiosi hanno tolto parte della magia. Il pubblico, ormai abituato al rilascio in blocchi, ha visto crescere il distacco emotivo e l’entusiasmo ha iniziato a scemare. Quando una serie si frammenta in più blocchi, l’attenzione si disperde, il senso di urgenza viene meno, e il coinvolgimento cala.
La nostalgia ed il cambiamento
Eppure, con The Crawl, Stranger Things prova a riconnettere le emozioni più pure, quelle che ci hanno fatto amare la serie nel 2016. Ma, come spesso accade con le grandi saghe, la nostalgia è un’arma a doppio taglio. Per molti spettatori, la serie non è più solo un passatempo, ma un pezzo della propria adolescenza e della cultura pop. Hawkins è diventato un luogo che conosciamo quasi come una seconda casa. Ma il rischio è che la familiarità prenda il sopravvento e l’attesa diventi più un obbligo che una gioia.
Il ritmo e la distribuzione
Il vero problema, però, risiede nel ritmo della serie e nel modo in cui la stagione finale è stata distribuita. La scelta di Netflix di rilasciare otto episodi divisi in due blocchi separati rischia di spezzare l’emozione e diluire la tensione, come era già successo con la stagione precedente. Con il passare degli anni, i fandom hanno imparato ad aspettare, ma questa lunga attesa rischia di creare distanza tra la storia e il pubblico. Lo spazio tra un blocco e l’altro è diventato uno strumento di marketing più che una mossa narrativa, e la stessa Stranger Things, nella sua ricerca di grandezza, rischia di perdere parte di quella magia che la rendeva unica.
Cosa aspettarci dalla stagione finale
The Crawl non è solo l’inizio della fine: è una dichiarazione d’intenti. La serie non vuole solo chiudere un cerchio, ma spalancare la porta su qualcosa di ancora più grande e terrificante. L’ansia e la meraviglia che pervadevano la prima stagione sembrano essere tornate, ma il modo in cui la serie è stata strutturata negli ultimi anni ci fa chiedere se riuscirà a mantenere quella stessa magia fino all’ultimo episodio. Il Sottosopra è più vicino che mai, ma la domanda che rimane è: riuscirà questa stagione a riconquistare il pubblico distratto e deluso dalla frammentazione degli episodi? O è troppo tardi per recuperare l’entusiasmo di un tempo?
Stranger Things ha sempre saputo mescolare l’horror adolescenziale con la nostalgia degli anni ’80, ma ora, con l’ultimo atto che ci attende, dovrà affrontare una sfida ben più grande: quella di non lasciarsi risucchiare dal proprio stesso mito. E se questo è solo l’inizio, allora la fine potrebbe essere più terrificante e indimenticabile di quanto pensassimo.

